La grande partenza
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Una grande eccitazione e una preparazione sommaria hanno preso il posto della preoccupazione. Poi, però, ci hanno raccomandato di fare attenzione alla violenza e al traffico di droga e siamo partiti da Toronto pieni di ansia. Tenendo ben stretti i nostri passaporti e le carte di credito, siamo giunti alla stazione degli autobus di Città del Messico per andare verso nord, a Guanajuato. Schiena tesa, spalle rigide. Ai controlli di sicurezza ci attendeva il cartello SE BUSCA, il WANTED messicano, dove sono esposti volti di criminali dallo sguardo oscuro e dai tratti duri. Visioni rassicuranti.
Guanajuato, un festival dei sensi
Dopo sette ore di autobus, arriviamo a Guanajuato senza sapere che cosa aspettarci. Il giorno dopo, le prime luci dell’alba ci regalano una vista da togliere il fiato sui bellissimi colori delle abitazioni.
Con Guanajuato come prima tappa, già dall’inizio il nostro lungo viaggio aveva raggiunto standard altissimi. Città natale di Diego Rivera e bastione dei coloni spagnoli venuti a sfruttare le miniere d’argento, Guanajuato era una delle regioni più ricche della Nuova Spagna del XVIII secolo. È divenuta famosa per le strade tranquille dai colori eccezionali, per la cultura del luogo, l’università, e soprattutto grazie al museo delle mummie, dove si trovano i cadaveri meglio conservati al mondo, su cui si può scorgere addirittura la peluria sulle gambe e sui volti.
Con Guanajuato come prima tappa, già dall’inizio il nostro lungo viaggio aveva raggiunto standard altissimi. Città natale di Diego Rivera e bastione dei coloni spagnoli venuti a sfruttare le miniere d’argento, Guanajuato era una delle regioni più ricche della Nuova Spagna del XVIII secolo. È divenuta famosa per le strade tranquille dai colori eccezionali, per la cultura del luogo, l’università, e soprattutto grazie al museo delle mummie, dove si trovano i cadaveri meglio conservati al mondo, su cui si può scorgere addirittura la peluria sulle gambe e sui volti.
Questi tre giorni a Guanajuato sono stati un viaggio fuori dal tempo che ci ha messo una voglia matta di mollare tutto. È proprio qui che abbiamo capito che il Messico è senza dubbio uno dei paesi più colpiti dai pregiudizi. Offuscano una realtà molto più luminosa: il Messico è accogliente, caloroso, pieno di musica, di colori e di vita, tutto velato dalla famosa criminalità. Un fenomeno i cui tratti sono accentuati dai media stranieri e tuttavia lontani da molti dei suoi abitanti.
Puebla, la città dalle cento chiese
Con il cuore pesante lasciamo il nostro bel nido e ci dirigiamo verso Puebla, a sud di Città del Messico. Lungo la strada, la povertà non sembra meno dolorosa sotto il sole. La rete stradale messicana è in piena espansione e per decine di chilometri vediamo dei poveri operai ammazzarsi di fatica con il viso coperto d’asfalto e sotto un sole che li fonde insieme ai sassi.
La festa del Cinque Maggio celebrata in tutto il mondo ha origine proprio a Puebla. Durante una battaglia contro le truppe di Napoleone III che volevano ottenere il controllo della città, l’esercito messicano ha battuto la spedizione punitiva francese il 5 maggio 1862, alimentando la crescita dell’orgoglio indipendentista del Messico. Siamo arrivati durante la settimana dei festeggiamenti, che rendono Zocálo, la piazza principale della città, il luogo dove si incontrano le famiglie e dove ci sono le attrazioni della festa. Una foresta di chiese occupa la città, un tempo centro religioso e strategico per la conquista e l’evangelizzazione degli autoctoni da parte degli spagnoli. Il vero fascino di Puebla risiede nei suoi edifici dalle facciate di terracotta e di mosaico, purtroppo corrose da un’aria molto inquinata.
Non lontano si trova Cholula, una piccola città conosciuta per le rovine di un tempio costruito ai piedi di una collina durante il periodo mesoamericano. Ora distrutto dal tempo e sovrastato dalla chiesa di Nuestra Señora de los Remedios, non potrebbe rappresentare meglio la dominazione degli europei sulla civilizzazione originaria. Malgrado la vista splendida che offre la chiesa su Cholula e la sua vallata, il nostro stupore è pari alla nostra delusione dato che fatichiamo a respirare e che non riusciamo a vedere il vulcano Popocatépetl da lontano, disturbati dalle polveri sottili di un inquinamento pesante.
Non lontano si trova Cholula, una piccola città conosciuta per le rovine di un tempio costruito ai piedi di una collina durante il periodo mesoamericano. Ora distrutto dal tempo e sovrastato dalla chiesa di Nuestra Señora de los Remedios, non potrebbe rappresentare meglio la dominazione degli europei sulla civilizzazione originaria. Malgrado la vista splendida che offre la chiesa su Cholula e la sua vallata, il nostro stupore è pari alla nostra delusione dato che fatichiamo a respirare e che non riusciamo a vedere il vulcano Popocatépetl da lontano, disturbati dalle polveri sottili di un inquinamento pesante.
Lo stesso giorno si celebra la festa della mamma, altrimenti detta festa della Vergine Maria del Messico. Processioni e fuochi d’artificio si alternano durante il giorno, facendo onore alla reputazione di festaioli dei messicani. Ci fanno male le orecchie per il rumore onnipresente, così ci allontaniamo per rifugiarci nelle gallerie sotterranee del tempio, dai corridoi stretti e dai segreti mistici che senza dubbio hanno ancora tanto da rivelare.
Oaxaca, la terra delle meraviglie
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Lasciamo Puebla e il tragitto in autobus verso Oaxaca City si rivela un’esperienza unica. Nonostante il russare imperturbabile del passeggero seduto davanti a noi, lo spettacolo che ci si offre prevede solo la pura contemplazione. Campi di cactus a perdita d’occhio, deserti, poi montagne, terre d’argilla, poi aride, poi tropicali. Questa è la ricchezza della regione d’Oaxaca: uno si assopisce due minuti e quando riapre gli occhi si ritrova in un altro paese da scoprire.
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Lasciamo la bella città di Oaxaca, i suoi alberi tropicali, le sue strade tranquille e colorate e i suoi giardini eccezionali per una gita a Hierve el Agua. In questo luogo ben noto ai turisti, migliaia di anni di acqua sorgente hanno formato una piscina naturale sul fianco della montagna. Tra due autobus di visitatori che ammirano il paesaggio attraverso lo schermo delle loro macchine fotografiche, siamo riusciti a ritrovarci da soli di fronte a questa vallata delle meraviglie.
Pernottiamo da una persona del posto nella piccola città di Mitla, conosciuta per le rovine di un tempio risalente alla civiltà zapoteca, magicamente ben conservato. Un’oasi di pace dove lo spettacolo di migliaia di anni di storia non sembra più disturbare nessuno e fa parte del quotidiano. L’antico tempio mostra dei dettagli eccezionali di architettura zapoteca e si possono distinguere gli affreschi di quelle che un tempo furono le abitazioni.
L’erba sulla costa pacifica è sempre più verde?
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Prossima tappa Mazunte, un piccolo villaggio affacciato sull’oceano pacifico. Decidiamo di non prendere più un autobus ma un pickup, meno caro e forse più veloce. Dopo un supplizio di nove ore nella giungla messicana su strade con curve ad angolo circondate dal vuoto, il tutto a 90 chilometri all’ora di media, arriviamo a Puerto Escondido con il sudore sulla fronte e la nausea. Impossibile dormire. Ci sono solo 26 gradi, ma tentiamo di sopravvivere al 98% di umidità.
Partiamo per Mazunte, sperando che l’aria dell’oceano ci offra un po’ di sollievo. Magari, sarebbe stato troppo bello. Una cinquantina di punture di zanzare al giorno, docce a ripetizione per non sciogliersi e mare agitato da una tempesta recente. Il villaggio è conosciuto per essere un covo di hippy che gratificano i turisti verso sera con un namasté a mani giunte. La notizia della riconversione di Mazunte da villaggio di pescatori e luogo di riproduzione delle tartarughe marine in capitale messicana dello yoga sommata alla tarantola trovata tra le nostre cose, ha fatto traboccare il vaso già pieno e leviamo le tende.
La magia di Città del Messico
Sollevati, ci dirigiamo verso la capitale. Dopo qualche minuto gironzolando qua e là per cercare l’albergo, realizziamo in che tipo di posto ci troviamo: come possiamo sopravvivere qui? Milioni di persone senza sosta, dappertutto, clacson, rumore, inquinamento, i fumi delle grigliate ai bordi delle strade… Come previsto, siamo stati benissimo nella seconda città più grande del mondo. Dopo una prima notte trascorsa in un ostello dalla pulizia dubbiosa e dagli scarafaggi dalla salute di ferro, esploriamo le strade della città.
I confini della città sembrano infiniti mentre camminiamo senza tregua. Visitiamo la Plaza Mayor, il cuore della città, dove circa quarantamila persone sono già ammassate alle dieci del mattino. La fatica ci ha comunque permesso di avere un piccolo assaggio dello splendore della cultura messicana. La sola capitale conta decine di affreschi di Diego Rivera, la splendida galleria dell’Università del Messico, le rovine del Templo Mayor circondato dai resti dei suoi distruttori spagnoli, la casa di Frida Kalho e centinaia di chiese che sembrano essere rimaste impantanate nel terreno paludoso dopo che i conquistatori fondarono Città del Messico.
La capitale del Distrito Federal non è solo un museo a cielo aperto. È una città alla moda, giovane, con coffee-shop e bar hipster. Non si sottrae al fenomeno della gentrificazione né al conformismo culturale, in netto contrasto con alcune aree fortemente agricole e spesso molto povere. Alcuni quartieri di Città del Messico sono estremamente ricchi, con palazzi sontuosi dove i prezzi a volte raggiungono anche parecchi milioni di dollari. Carlos, imprenditore messicano e proprietario della compagnia Telmex, nel 2013 era l’uomo più ricco nel mondo.
Il quartiere La Roma è senza dubbio il più piacevole. Una piccola oasi di pace lontana da una città inquinata e a cento all’ora, che brulica di caffè alla moda dove messicani e stranieri consumano il brunch della domenica all’ombra di alberi centenari.
Il quartiere La Roma è senza dubbio il più piacevole. Una piccola oasi di pace lontana da una città inquinata e a cento all’ora, che brulica di caffè alla moda dove messicani e stranieri consumano il brunch della domenica all’ombra di alberi centenari.
È difficile respirare in Messico, boccheggiamo dopo aver salito qualche gradino di una scalinata, manca aria pulita. Ma nel fresco della mattina facciamo colazione come i lavoratori: per strada, dove si ammassano dei piccoli venditori ambulanti di succo fresco (meno fresco che in altre tappe del viaggio, e soprattutto molto più caro).
È difficile respirare in Messico, boccheggiamo dopo aver salito qualche gradino di una scalinata, manca aria pulita. Ma nel fresco della mattina facciamo colazione come i lavoratori: per strada, dove si ammassano dei piccoli venditori ambulanti di succo fresco (meno fresco che in altre tappe del viaggio, e soprattutto molto più caro).
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Venticinque giorni, quasi un mese. E sono passati in un lampo. Una cavalcata onirica nella terra dei templi Maya, delle truppe di Hidalgo, dei campi di cactus, dei teneri avocado e dei mango di velluto. Di incontri, di sapori, di colori, di odori, di immagini. Il Messico è un regno di ricchezze, una terra di tesori che anche tutta una vita non basterebbe a scoprirne i segreti più nascosti. Mettetevi lo zaino in spalla e aprite bene gli occhi: la terra delle meraviglie è di fronte a voi.