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Dalle più violente alle più pacifiche, le manifestazioni possono assumere diverse forme, ma tutte hanno come obiettivo un cambiamento nella gestione politica del Paese. La reazione di un governo di fronte a una manifestazione la dice lunga sul sistema politico di quel Paese. Quando c’è democrazia, generalmente le manifestazioni si svolgono sotto l’occhio vigile della polizia. In un regime non democratico, invece, spesso vengono stroncate sul nascere se non represse con più o meno violenza. Tuttavia, qualunque sia la natura del regime, le dieci manifestazioni che seguono hanno effettivamente prodotto notevoli cambiamenti nella politica del proprio Paese.
1 – BOSTON TEA PARTY – 16/12/1773
Fonte W. D. Cooper. “Boston Tea Party”, The History of North America. London: E. Newberry, 1789. Engraving. Plate opposite p. 58. Rare Book and Special Collections Division, Library of Congress (40)
Il Boston Tea Party ebbe la meglio e partecipò indirettamente all’indipendenza degli Stati Uniti.
Il 16 dicembre 1773, nel porto di Boston, 60 coloni gettano in mare 342 casse di tè immagazzinate su delle navi provenienti dall’Inghilterra. Questo gesto simbolico, dalle importanti ripercussioni economiche, esplicita il malcontento delle colonie e, a Boston in particolare, nei confronti del Parlamento britannico. Quest’ultimo, guidato da Giorgio III, aveva deciso di aumentare le tasse commerciali alle colonie, quando queste non erano nemmeno rappresentate nel Parlamento di Westminster. È in risposta a queste misure che le proteste del Boston Tea Party prendono di mira proprio il tè britannico - il prodotto più tassato.
A questa rivolta segue la chiusura del porto di Boston da parte delle autorità britanniche, poi l’attuazione delle “Leggi Intollerabili” (Intolerable Act - un insieme di misure autoritarie contro le colonie-). Anche queste norme hanno avuto un ruolo fondamentale nella guerra d’indipendenza americana che va dal 1775 al 1783. Non è quindi spropositato considerare il Boston Tea Party come un episodio che preannuncia l’indipendenza degli Stati Uniti d’America.
A questa rivolta segue la chiusura del porto di Boston da parte delle autorità britanniche, poi l’attuazione delle “Leggi Intollerabili” (Intolerable Act - un insieme di misure autoritarie contro le colonie-). Anche queste norme hanno avuto un ruolo fondamentale nella guerra d’indipendenza americana che va dal 1775 al 1783. Non è quindi spropositato considerare il Boston Tea Party come un episodio che preannuncia l’indipendenza degli Stati Uniti d’America.
2 – LA RIVOLUZIONE FRANCESE – dal 5/5/1789 al 9/11/1799
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Sempre nel XVIII secolo ma in un altro continente, la Rivoluzione francese segna una svolta nella storia della Francia e dell’Europa. La convocazione degli Stati Generali il 5 maggio 1789 risale a un periodo in cui il popolo già subiva le conseguenze di una forte crisi economica. La rivolta che segue non è che la manifestazione dell’esasperazione popolare. Prendendo in mano il potere, il popolo s’impadronisce della Bastiglia il 14 luglio 1789 e mette così fine a un regime despotico. Il re cade e viene ghigliottinato, stessa sorte che poco dopo toccherà anche alla regina.
La Rivoluzione francese si conclude il 9 novembre 1799 con il colpo di Stato del 18 brumaio, che consegna il potere nelle mani di Napoleone Bonaparte. Le conseguenze della Rivoluzione francese sono numerose: la monarchia e i relativi privilegi vengono aboliti; viene redatta la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino; il regime politico diventa monarchia costituzionale e successivamente nasce la prima Repubblica. A livello europeo, la Rivoluzione francese ha inoltre come conseguenza la creazione delle Repubbliche giacobine, la ridefinizione dei confini e degli Stati europei così come il diffondersi di uno spirito rivoluzionario. Alla fine tutta l’Europa ha risentito le conseguenze di questa rivoluzione.
3 – LA MARCIA DEL SALE – 12/3/1930
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Una manifestazione di tutt’altro tipo è quella del 12 marzo 1930, quando Mohandas Karamchand Gandhi applica concretamente e per la prima volta la sua dottrina della non-violenza. Quel giorno, Gandhi lascia il suo ashram – luogo solitario di meditazione – per raggiungere l’Oceano indiano, a circa 350 chilometri. Arrivato sul posto dopo alcune settimane di cammino, raccoglie tra le mani un po’ di sale. Questo gesto irrilevante ma estremamente simbolico rappresentava una violazione del monopolio di Stato britannico sulla distribuzione del sale indiano. Tale monopolio obbligava tutti i consumatori – compresi i più poveri – a pagare un’imposta sul sale e impediva a chiunque di produrlo privatamente. Col passare dei giorni, sempre più indiani imitarono il Mahatma, tanto che 60 000 trasgressori vennero messi in prigione, compreso Gandhi. Tutti si lasciarono imprigionare senza opporre resistenza, proprio come aveva chiesto il Mahatma. Il governo dopo poco si rese conto di non poter far fronte a una tale manifestazione e il viceré alla fine decise di liberare tutti i prigionieri dopo nove mesi.
Questo atto di resistenza non violenta portò all’abolizione del monopolio di Stato sul sale e indebolì l’autorità britannica nei confronti degli indiani. Così come il Boston Tea Party dette inizio all’indipendenza delle colonie, anche la marcia del sale precedette l’indipendenza dell’India.
4 – LA MARCIA PER I DIRITTI CIVILI DI WASHINGTON – 28/8/1963
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In un’altra forma di non-violenza, la marcia per i diritti civili di Washington, organizzata tra gli altri da Martin Luther King, rappresenta un’importante svolta nella storia degli afroamericani.
Il 28 agosto 1963, il pastore protestante e attivista Martin Luther King pronuncia il suo famoso discorso “I have a dream” davanti al Lincoln Memorial, a Washington. Ad ascoltarlo ci sono tra le 200 000 e le 300 000 persone, di cui l’80% afroamericani. Questa marcia pacifista ha portato al voto del Civil Rights Act del 1964 e al Voting Rights Act l’anno seguente. Si tratta di due leggi: la prima dichiara illegale qualunque forma di segregazione e la seconda dà diritto alle persone di colore di votare.
5 – MAGGIO 1968
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Lungi dall’essere una semplice marcia, il maggio del ’68 è il simbolo di un insieme di manifestazioni più o meno violente che hanno avuto luogo in Francia tra il 22 marzo e il 27 maggio 1968. Inizialmente universitaria, la crisi diventa in seguito sociale e poi politica. La maggior parte dei manifestanti sono operai e studenti, uniti per l’occasione. Manifestano per un mondo più giusto e per una società meno incentrata sul consumismo e sul guadagno. Queste rivendicazioni esprimono i timori legati all’aumento della disoccupazione e all’apertura del mercato internazionale che nuoce alle piccole imprese e alle aziende agricole. Gli studenti manifestano anche contro il sistema universitario.
La crisi provoca il rinnovamento dello scenario politico. Charles De Gaulle inizialmente vede la soluzione nel sostituire il primo ministro Georges Pompidou con Couve de Murville, ma questo non risolve realmente la situazione e il Presidente si vede allora costretto a dare le dimissioni il 28 aprile 1969, in seguito al fallimento della sua politica. A lungo termine, il maggio ’68 rimette in discussione anche l’autorità dei mariti sulle mogli, dei dirigenti sugli operai e l’importanza di valori tradizionali come il matrimonio, la religione e la famiglia. Poco dopo questo periodo, il sistema di istruzione diventa misto, democratico, autonomo e aperto a tutti. Si assiste allora a una vera e propria emancipazione femminile che progredisce in parallelo con l’evoluzione della moda e della libertà sessuale.
6 – MANIFESTAZIONE DEL LUNEDÌ – dal 9/10/1989 al 9/11/1989
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Anche in Germania si verificano a loro volta delle manifestazioni di portata nazionale ma molto meno violente, a partire dal 9 ottobre 1989. Quel giorno, esattamente un lunedì, 70 000 tedeschi manifestano pacificamente nella Repubblica democratica tedesca (RDT) contro il regime comunista. Se la prima di queste manifestazioni si è tenuta a Leipzig, anche altre città hanno abbracciato il movimento a partire dal lunedì seguente. Ogni lunedì, ovunque nella RDT, centinaia di migliaia di tedeschi manifestano. Tale rito si interrompe solo con la caduta del muro di Berlino il 9 novembre 1989.
Queste manifestazioni pacifiche hanno avuto un ruolo chiave nella caduta del muro di Berlino. L’Armata Rossa aveva infatti l’ordine di reprimere violentemente i raduni popolari. Tuttavia, di fronte a un popolo pacifico che portava come arma una semplice candela e ripeteva come slogan: “Keine Gewalt” (“No alla violenza”) e “Wir sind das Volk” (“Noi siamo il popolo”), l’Armata Rossa si è ritrovata disorientata e non ha aperto il fuoco. L’apertura della cortina di ferro è stata possibile grazie alle proteste pacifiche di centinaia di migliaia di tedeschi. Ogni anno, la Germania ricorda questa storica manifestazione.
7 – LA VITTORIA DELLA RIVOLUZIONE CANTATA – dal 1987 al 1991
Fonte Wikimedia Commons
Sebbene il nome di questa manifestazione presupponga una rivoluzione, non si è trattato di un episodio violento. La Rivoluzione cantata, dal 1987 al 1991, porta i popoli baltici verso l’indipendenza di Estonia, Lettonia e Lituania. Durante la rivoluzione, i tre Paesi – sotto il dominio sovietico – cantavano inni patriottici a mo’ di protesta. Il pacifismo dell’azione permise di evitare grandi spargimenti di sangue.
La marcia baltica è la vittoria e l’azione più simbolica della Rivoluzione cantata. Il 23 agosto 1989, circa 2 milioni di persone si tengono la mano per formare una frontiera simbolica davanti all’URSS. Questa catena umana, lunga 560 chilometri, iniziava a Vilnius, attraversava Riga e finiva a Tallinn. La grande risonanza mediatica ha dato un impulso decisivo al ripristino dell’indipendenza nazionale di questi tre Paesi baltici.
8 – LE RIVOLUZIONI COLORATE – da novembre 2003 a marzo 2005
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Le rivoluzioni colorate rappresentano un insieme di rivoluzioni che hanno scosso il panorama politico mondiale dal 2003 al 2005. Tutte condividono il fatto di essere rivoluzioni popolari, pacifiche e pro-occidente. La prima rivoluzione avviene nel novembre 2003 in Georgia in seguito ai brogli elettorali. Questa Rivoluzione delle Rose, come la definiranno in seguito i media, è seguita a fine 2004 dalla Rivoluzione arancione in Ucraina. La Rivoluzione dei Cedri in Libano nel febbraio 2005 e quella dei Tulipani in Kirghizistan il 24 marzo 2005 chiudono questo periodo movimentato della Storia.
Queste rivoluzioni hanno come conseguenza una ristrutturazione politica dei Paesi coinvolti: l’Ucraina ha potuto organizzare un nuovo turno di scrutinio alle elezioni presidenziali in seguito alle contestazioni contro il risultato del secondo turno, il Kirghizistan si è emancipato dalla dipendenza sovietica ribellandosi contro il regime corrotto di Askar Akaïev e il Libano si è liberato dalla dipendenza siriana. Solamente la Bielorussia e la Moldavia non sono riuscite a portare a termine le rispettive rivoluzioni.
9 – EUROMAIDAN – dal 21/11/2013 al 22/2/014
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La Rivoluzione arancione in Ucraina che ha portato all’elezione presidenziale di Viktor Iouchtchenko, filo-occidentale, tuttavia non ha dato al popolo una soddisfazione a lungo termine. Nel 2010, Yanukovich sale al potere e rifiuta di firmare l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Questo scatena il movimento Euromaïdan. Dal 21 novembre 2013 al 22 febbraio 2014, centinaia di migliaia di filo-europeisti manifestano contro di lui. Più di 120 persone trovano la morte e diverse migliaia vengono ferite durante questa violenta rivolta.
L’Euromaïdan ha messo in fuga Yanukovich, sostituito da Turchynov, ma ha anche permesso la liberazione dell’oppositrice politica Yulia Tymoshenko autorizzando la formazione di un nuovo governo.
10 – PRIMAVERA ARABA – da dicembre 2010 a oggi
La Primavera araba, come le rivoluzioni colorate, è un insieme di rivolte popolari che hanno luogo in alcuni Paesi del mondo arabo a partire dal dicembre 2010. Una moltitudine di Paesi sono - o sono stati - coinvolti in questa primavera, tra cui Tunisia, Egitto, Libia, Yemen, Siria, Bahrein, Algeria, Giordania, Marocco, Iraq…
La marcia del milione del 22 novembre, Piazza Tahrir, al Cairo. Fonte AP Photo/Khalil Hamra
È difficile fare il bilancio di questo evento storico a causa della sua contemporaneità. Ne risulta tuttavia qualche fatto: in Paesi come Marocco, Algeria, Arabia Saudita, Oman e Kuwait si è registrata una maggiore pace sociale rispetto alle sanguinose repressioni avvenute in Bahrein, Siria e Yemen. Il popolo libico ha messo fine al regime di Gheddafi dopo una costosa guerra civile. Anche il popolo tunisino e quello egiziano hanno rovesciato il regime dei loro rispettivi Paesi scendendo in piazza. A livello internazionale, le conseguenze sono molteplici – massiccia immigrazione, Stato Islamico, risonanza mediatica… ma è ancora difficile definire gli effetti di questo movimento di rivolta generale sul lungo termine.