Dove vanno a finire i fondi per il turismo nel Myanmar? Forse nelle tasche del regime militare?

Gemma Kentish, tradotto da Martina Lucariello
8 Septembre 2015



Dal 2011, il regime militare del Myanmar ha approvato una serie di riforme per cercare di aprire il Paese agli investimenti internazionali e attirare i turisti stranieri. Ma cosa è veramente cambiato? Fino a che punto il turismo va a vantaggio della popolazione?


Tramonto sul fiume Irrawadddy. Fonte: Gemma Kentish
Tramonto sul fiume Irrawadddy. Fonte: Gemma Kentish
Il turismo etico costituisce un aspetto importante da tenere in considerazione in tutto il mondo, e ancor di più in Myanmar. Dal 1962 al 2011, il Paese, sotto regime militare, era accusato dalla comunità internazionale per le numerose violazioni dei diritti umani. Le prime elezioni generali in 20 anni hanno avuto luogo nel 2010. Nel 2012, le nuove elezioni hanno consentito all’attivista pro-democrazia Aung San Suu Kyi e al suo partito “National League for Democracy” (NLD) di ottenere numerosi seggi in Parlamento. Da quel momento, il governo ha proposto una serie di riforme, ha liberato molti prigionieri e creato un governo civile più democratico. Tuttavia, nonostante un certo livello di democratizzazione, questo stesso regime militare continua ad essere al potere e controlla un’ampia parte dell’industria turistica. 

Dopo decenni di isolamento politico ed economico, il turismo in Myanmar, per quanto recente, costituisce già un settore in pieno sviluppo. Il Paese resta per gran parte inesplorato, per questo motivo si ha la possibilità di vivere un’esperienza di viaggio unica nel Sud-est Asiatico. Le cose, però, cambiano e nel giro di poco tempo sono stati avviati molti progetti di sviluppo nel tentativo di amministrare meglio questo nuovo mercato. 

Pescatore senza una gamba sul lago Incle. Fonte: Gemma Kentish
Pescatore senza una gamba sul lago Incle. Fonte: Gemma Kentish
Dal 1996, la NLD ha attuato un boicottaggio del turismo, chiedendo agli occidentali di non recarsi in Myanmar e, di conseguenza, di non contribuire al finanziamento del regime militare. Tuttavia, nel 2010, con le nuove riforme, la NLD ha sospeso il boicottaggio e ha cominciato a favorire l’arrivo dei turisti a condizione di evitare i pacchetti e i viaggi all-inclusive, che vanno solo a vantaggio delle organizzazioni non governative, e di cercare di far vivere l’economia locale.

Tempio a Bagan. Fonte: Gemma Kentish
Tempio a Bagan. Fonte: Gemma Kentish
Il Myanmar è più caro rispetto ad altri paesi del Sud-est asiatico. Le tasse per i turisti si pagano ovunque: per accedere a certe regioni del Paese occorre per esempio pagare una somma in dollari americani che è rapidamente aumentata. Secondo la guida Lonely Planet, uscita alla fine del 2014, bisognava pagare 15 dollari per entrare nella regione storica di Bagan. Sei mesi dopo la pubblicazione della guida, tutte le tariffe imposte ai turisti erano aumentate e il costo d’ingresso a Bagan era di 20 dollari. Si tratta di spese comprensibili finalizzate alla conservazione dell’eredità del Paese, ma è innegabile che questi soldi vanno direttamente nelle mani del governo militare. 

Catena montuosa di Rakhine Yoma. Fonte: Gemma Kentish
Catena montuosa di Rakhine Yoma. Fonte: Gemma Kentish
La zona di Bagan è molto bella: dopo esser giunti in cima ad una pagoda, è possibile ammirare l’orizzonte e scorgere nella pianura una serie interminabile di antichi templi. Da questo punto di vista, è facile capire perché il Myanmar è conosciuto con il nome di Terra Dorata: la sua atmosfera mistica è senza dubbio ancorata nel suolo. Intorno a Bagan, sopravvivono alcuni ostelli gestiti da persone del posto, ma si moltiplicano i cantieri per costruire grandi hotel di lusso che verranno portati a termini entro breve. Quest’area, vittima della globalizzazione, sarà ben presto in preda all’afflusso massiccio di turisti.

Una manifestazione pro-democrazia a Yangon. Fonte: Gemma Kentish
Una manifestazione pro-democrazia a Yangon. Fonte: Gemma Kentish
A Yangon, è accaduto che una manifestazione stesse per sfociare in una protesta violenta una settimana dopo che il Parlamento aveva respinto un disegno di legge per modificare l’attuale Costituzione al fine di autorizzare la presidenza di Daw Aung San Suu Kyi. Alcune centinaia di persone sono scese in piazza per richiedere il ritiro dei soldati che hanno un quarto dei seggi in Parlamento e hanno fatto opposizione alla riforma. I manifestanti hanno accerchiato molti leader militari nella folla e hanno dimostrato la loro frustrazione nei confronti del governo attuale. 

Passeggiando per le strade di Yangon. Fonte: Gemma Kentish
Passeggiando per le strade di Yangon. Fonte: Gemma Kentish
Il Myanmar sta assistendo ad una forte crescita della pressione all’interno del suo popolo che esige più democrazia, ma resta comunque il teatro di molte tensioni etniche e conflitti violenti. Il governo è stato più volte criticato per aver violato i diritti umani. All’inizio di quest'anno, la disperazione dei rifugiati musulmani Rohingya – secondo l’ONU, il gruppo etnico più perseguitato al mondo – ha fatto scalpore sui giornali quando migliaia di questi rifugiati hanno cercato di scappare per rifugiarsi in altri paesi del Sud-est asiatico. Ci sono anche altre minoranze che soffrono e subiscono violente persecuzioni da parte del regime militare, come i Karen o gli Shan, spesso dimenticati dai media occidentali. 

Monaci buddisti in città. Fonte: Gemma Kentish
Monaci buddisti in città. Fonte: Gemma Kentish
Il turismo può avere risvolti positivi in Myanmar: può creare posti di lavoro, stimolare la crescita e lo sviluppo economico. Tuttavia, con l’aumento del turismo, le zone che una volta erano vergini, verranno trasformate e saranno inevitabilmente più vulnerabili. Oltre a questo, con l’attuale regime militare al potere, resta il problema di sapere dove vanno a finire i soldi delle tasse turistiche, cosa che andrà a compromettere la fiducia dei turisti consapevoli. Anche se il governo ritiene che il 2016 sarà un anno ricco dal punto di vista turistico per il Myanmar, i problemi sociali e i conflitti interni continuano, con il rischio di diminuire le opportunità di sviluppo del settore turistico. 

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