Turchia: Erdogan conduce una “politica imperiale”

Marine Mulcey, Tradotta da Giulia Alfieri
7 Mars 2016


In seguito all’attentato avvenuto a Istanbul il 12 gennaio 2016, il Journal International ha deciso di interessarsi ai sostenitori di questo episodio. In questa occasione abbiamo anche deciso di dare la parola a due studenti francesi: Loris, 21 anni, di origine armena e studente di scienze politiche e Berevan, 26 anni, di origine curda e studente di lingue e civilizzazioni straniere in inglese. Entrambi hanno accettato di dare la loro testimonianza riguardo allo stato attuale della Turchia. Di seguito il nostro incontro.


Estocolm (Suecia), 17 agosto 2014. Fonte Stfan Olsson / Flickr (CC BY 2.0)
Journal International (JI): Lo scorso 12 gennaio, Istanbul è stata colpita da un kamikaze, attentato poi rivendicato dall’Isis. La Turchia viene spesso accusata di sostenere questa organizzazione terroristica, voi condividete questa idea?

Loris: Non vorrei sbilanciarmi perché non so quale sia la strategia di Erdogan, ma credo che lui e l’organizzazione terroristica non siano legati. Non si può credere del tutto alla lotta del Presidente turco contro l’Isis, si potrebbe anche pensare che questa porta il terrorismo nel suo territorio rendendolo così vittima. Si capisce quando dice di voler combattere tutte le forme di terrorismo, senza fare distinzione tra il PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e l’Isis.

Berevan: Erdogan è caduto nella sua stessa trappola tentando di far credere al mondo intero che non lui non ha niente a che fare con l’Isis. Adesso abbiamo sufficienti prove per dimostrare che sono uniti. È voluto stare con il piede in due scarpe. Siccome vuole far entrare la Turchia nell’Unione Europea cerca di piacere alle grandi potenze, ma dall’altra parte non è intervenuto per combattere i terroristi.

JI: La Turchia cerca di entrare nell’Unione Europea dal 1987. Considerando la politica di Erdogan, più volte criticata, l’entrata della Turchia nell’UE è auspicabile?

Berevan: Assolutamente no! La Turchia è una dittatura e per questo non fa parte dell’Unione Europea. Credo che la Turchia non rappresenti i valori fondamentali dell’Unione Europea e di conseguenza non dovrebbe farne parte.

Loris: Sono per lo più contrario all’entrata della Turchia nell’UE. Non tanto per delle ragioni geografiche o storiche, ma perché penso che l’Europa farebbe un grande errore ad accoglierla. Richiederebbe ancora più solidità, più sforzi e rappresenterebbe uno sconvolgimento nella politica europea. Spesso si è detto che le scelte di integrazione dell’UE avrebbero determinato la sua politica globale. Integrare la Turchia sarebbe giustificato solo da particolari interessi. E l’Unione Europea ha già i suoi problemi legati alla propria creazione. Credo che non sarebbe un bene per l’Europa avvicinare a sé la Turchia. E riguardo all’attualità, non si sa cosa potrebbe produrre a lungo termine. Richiede una riflessione ben ponderata e il tempo per decidere non c’è.

JI: Non è importante per l’Unione Europea mantenere un rapporto particolare con la Turchia?

Berevan: Sì, ci sono sicuramente degli interessi dietro, ma trovo che non sia saggio.

Loris: Far entrare la Turchia nell’Unione Europea non è una soluzione. Ci sono tantissimi accordi che si fanno al di fuori dell’Unione Europea soprattutto con l’Armenia, la Georgia… E tuttavia questi Paesi non vengono integrati nell’UE. Quella di Erdogan è una politica imperiale in cui il governo è nostalgico nei confronti della potenza dell’Impero ottomano di una volta. Forse l’integrazione nell’UE permetterebbe di fermare questa volontà di espansione o forse, al contrario, rafforzerebbe la sua potenza. Ma ci sono troppi motivi per dire di no.

JI: In un’intervista rilasciata al Journal International, un professore turco affermava anche che la Turchia, “il Paese il più potente del Medio Oriente”, era il Paese più stabile della regione e che tutti gli altri Paesi affrontavano problemi democratici, politici ed economici. Condividete questa visione della Turchia e del Medio Oriente?

Loris: Non so come si possa dire di essere a favore del governo di Erdogan oggi e che la Turchia è politicamente stabile. La Turchia fa fronte ad una grave crisi politica nella quale l’unica soluzione di Erdogan è avere ancora più potere sulla popolazione. Siamo a tanto così dai genocidi etnici, come è avvenuto all’inizio del XX secolo, col pretesto non di una laicizzazione ma di un’islamizzazione. Per me la Turchia non è affatto stabile, è in crisi. E oltre a questo, ci sono Paesi più influenti in Medio Oriente.

JI: Nella stessa intervista, il professore turco assicura che non bisogna fare differenze tra il PKK – che non rappresenta i curdi – e l’Isis. Sostiene anche che l’immagine che gli europei si fanno della situazione curda in Turchia è dovuta alla propaganda del PKK. Questo cosa vi fa dire?

Loris: Il problema è che quando un discorso di Stato accomuna il PKK e l’Isis, lo stesso discorso sull’assenza di distinzioni si ritrova nella popolazione. Erdogan mischia tutto facendo un parallelo tra PKK/Isis e quindi come pensa che la popolazione faccia la distinzione tra i curdi e il PKK? I turchi rompono tutti i negozi, tutte le attività dei curdi: abbiamo a che fare con un vero e proprio linciaggio pubblico delle minoranze etniche (curdi, armeni…). Erdogan, per quanto dica di non alimentare in nessun caso l’odio nei confronti di queste popolazioni (che tuttavia sono autoctone), in realtà mente perché la polizia spesso non interviene quando i negozi curdi o di altre popolazioni vengono violentemente attaccate.

Estocolm (Suecia), 17 agosto 2014. Fonte Stfan Olsson / Flickr (CC BY 2.0)
Berevan: Che i curdi abbiano dei negozi in Turchia non significa che siano integrati nella società. Ci sono tantissime città curde nel sud della Turchia che vengono attaccate ogni giorno, nelle quali è stabilito il coprifuoco. In alcuni casi, i poliziotti turchi entrano a casa dei civili per ucciderli. Io questo non lo definisco essere fratelli e sorelle. D’altronde, quando il leader del partito pro-curdi ha dichiarato che lui voleva la pace tra i curdi e i turchi, si è preso del “traditore” dai turchi. Io questo non lo definisco un governo stabile nel quale le minoranze vivono in pace. È tutta propaganda. Erdogan è il primo a dare di traditori e terroristi ai curdi ed è anche il primo a non fare distinzioni con l’Isis. Tutto quello di cui accusa i curdi, è lui stesso a farlo.

JI: Si può affermare che la Turchia è un Paese stabile e democratico?

Berevan: Dittatura, propaganda e terrorismo. Questo è tutto quello che mi ispira ora la Turchia.

Loris: Credo che la Turchia si trovi di fronte a una sfida, ovvero riconciliare le sue popolazioni. Invece di farlo, mette le une contro le altre. Vive nella nostalgia di un impero passato, la propaganda, come diceva Berevan, il culto del presidente Erdogan e tutti sembrano essere d’accordo, la diaspora turca, in particolare, che non si rende conto di ciò che sta avvenendo. Ma i leader devono prendersi le proprie responsabilità per unire, invece che dividere la loro popolazione.